Santuario di Sant'Agnello Abate

'A sant'Aniello nun tucca' ne forbice 'e ne curtiello'
(Il giorno di S. Agnello non usare ne' forbici ne' coltelli).

Apriamo questo racconto dando onore al santo patrono di Rodio, piccola frazione di Pisciotta, per l’affetto che i suoi fedeli gli dimostrano tuttora e per la devozione che accompagna da secoli i rodiani. Di Sant’Agnello si narra che sin dalla tenera infanzia, non desiderava nulla di terreno, nulla di carnale e che piangeva colpe non sue e scellerataggini del suo paese conducendo vita da eremita. Alla morte dei genitori impiegò i suoi averi nella costruzione di un ospedale che da lui prese il nome ed il Signore premiò questo suo amore per il prossimo operando per mezzo di lui numerosissimi miracoli.
Il proverbio citato si riferisce ad un'usanza secondo cui, nel giorno del Santo, le donne incinte non debbono adoperare coltelli o forbici, perché il nascituro potrebbe nascere mutilato di un arto. Tuttavia esistono molte leggende e aneddoti attorno alla figura di questo santo napoletano, protettore delle partorienti e compatrono della città partenopea. La fama del santo spiega anche la diffusione del suo culto nel Cilento a partire proprio dal piccolo borgo di Rodio e arrivando nei paesi di Pisciotta, Vallo della Lucania, Pellare ed Ascea. S.Agnello a Rodio si festeggia per ben tre volte durante l'anno: il 31 maggio, festa votiva che ricorda la prodigiosa cessazione della pioggia che stava distruggendo i vigneti; l'8 agosto, festa solenne, con la partecipazione di pellegrini ed emigrati ed il 14 dicembre, festa liturgica.
Considerata la forte devozione, il 30 luglio del 2009, il vescovo ha riconosciuto alla chiesa di Rodio il titolo di Santuario Diocesano di Sant’Agnello Abate.
Il nucleo primitivo del Santuario risale al principio del sec. XV allorché il sacerdote Tommaso Basilio ordinò in Rodio il culto di S. Agnello Abate. Il Santuario presenta facciate policrome e custodisce diversi dipinti di artisti locali dell’ottocento. E’ il suo campanile a destare maggiore interesse: nasce a pianta quadrata ma si innalza in una cella campanaria sormontata da una cuspide di base ottagonale e forma a “bulbo di cipolla”, tipica dello stile barocco. Fino a pochi decenni fa, il campanile della chiesa aveva un ruolo importante di “guida” alle ore della giornata. Infatti le campane scandivano il tempo ogni quarto d'ora con un codice univoco udibile anche nella campagna limitrofa; completava il tutto un grande orologio visibile a distanze notevoli. I nostri nonni sapevano in qualunque momento della giornata che ora fosse senza il supporto degli orologi prima e dei telefoni oggi.
Notizie puntuali sulla struttura di origine ed i successivi ampliamenti non se ne hanno, considerato che manca ogni documentazione fino al 1770, anno in cui la Chiesa di Rodio ricade sotto la giurisdizione della diocesi di Capaccio. E, probabilmente, questo vuoto storico, apre domande ben più importanti le cui risposte possono far luce sulle origini del piccolo borgo. Se non dal vescovo da chi altri era retto il feudo?
Ebbene, il ritrovamento di un manoscritto risalente al 1626, nel quale Rodio e San Mauro la Bruca risultano come possedimenti del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta, ha consentito di poter formulare nuove ipotesi sulla nascita e il successivo sviluppo di questi due centri urbani. Rodio è una cittadina che deve la sua nascita proprio alla presenza dei Cavalieri giovanniti che la infeudarono e ne permisero lo sviluppo dal 1279 fino a tutto il XVIII secolo. I cavalieri di San Giovanni devono essere considerati gli attori del ripopolamento e della ricostruzione di San Mauro la Bruca e della fondazione ex novo dell’abitato di Rodìo; è verosimile pensare che nel momento in cui i Giovanniti ne vennero in possesso, San Mauro e Rodìo fossero due feudi rustici, e che solo in un momento successivo, tra il XV e il XVI secolo, i cavalieri ne favorissero il popolamento.
Il manoscritto contiene anche due bellissime cartine dei territori di entrambi i suddetti borghi così come si presentavano a metà del 1600. Nel nostro caso ci offrono la prima e unica testimonianza iconografica di Rodio e, nel guardarlo, subito ci torna alla memoria l’immagine che ancora oggi tutti noi abbiamo di Rodio: un paesino che si snoda su un pendio, con il Borghettino, le sue chiese, il palazzo baronale, il mulino e il trappeto, i fiumi che circondano l’abitato, le coltivazioni di ulivo ben ordinate, i ponti, le strade, i campanili.